C’E’ ANCORA DOMANI

TITOLO: C’E’ ANCORA DOMANI

GENERE: DRAMMATICO

RATING:  * * * *

TRAMA:
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ricomincia faticosamente a vivere tra mille difficoltà. La guerra ha stravolto la vita delle persone. Qualcuno, approfittando di quel drammatico evento, si è arricchito con la borsa nera, facendo lo strozzino o vendendo i partigiani ai tedeschi, ma per la maggior parte delle persone è la fame. In questo clima, tra la miseria bellica e la speranza della liberazione, Delia è la tipica donna di casa, moglie di Ivano e madre di tre figli. Tiene pulita la casa, prepara da mangiare, fa il bucato e anche da badante a Sor Ottorino, il suocero ammalato e tirannico che vive con loro. Come se non bastasse cerca di guadagnare qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio, ma per Ivano non basta e non perde occasione per riempirla di botte ed umiliarla di fronte a tutti. Nella cultura maschilista e patriarcale del tempo è la normalità, e le donne devono sopportare “senza rispondere”. Marcella, la figlia più grande, non perde occasione per mostrarle il suo disprezzo e rabbia nel vederla subire tutta quella violenza in silenzio. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa, con la quale si lascia andare a qualche momento di leggerezza e di confidenze intime quando va al mercato a comprare da lei la verdura, un meccanico che le vuole bene e un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione di miseria in cui vive la sua famiglia.
Un giorno, una lettera inaspettata e misteriosa, riaccendere una luce nuova in quella triste esistenza, quella della speranza, e in Delia nascerà la determinazione di rovesciare tutti i piani di una vita prestabilita per poter finalmente immaginare un futuro migliore, non soltanto per sé stessa.
(Regia: Paola Cortellesi – anno 2023)

COMMENTO:
XX, YY, YX, XY… una permutazione semplice di due lettere e cambia tutto l’universo!
C’è ancora domani è un inno a quello femminile, un riconoscimento doveroso che chiama al risveglio le coscienze stordite e ipotizzate dagli schermi.
La donna, una creatura capace come il Cristo di prendere su di sé tutti i peccati degli uomini per fonderli in una fornace d’amore e trasformarli in una creazione nuova; così è l’amore di una madre per i figli.
Un tributo a quelle madri che si sono immolate per la famiglia, costrette da una cultura primitiva e ottusa che ha trasformato una promessa d’amore in schiavitù. Un atto di puro eroismo silenzioso ma che tutto pervade. A quelle madri che sul petto dei loro grembiuli portano una macchia o uno strappo rammendato come fosse una medaglia al valore. A quelle donne che sanno dipingere con i colori dell’amore anche le realtà più tristi, trasformandole in capolavori come “Cappelle Sistine” personali, Angeli mandati nel mondo a testimoniare l’amore divino.
Non una semplice rinuncia alla palestra, alle uscite con le amiche, al legittimo sogno di un amore, ma una rinuncia a sé stesse che trasforma tutta la vita in un dono!
Per contro struggente è il dolore di chi è consapevole di quell’eroica esistenza. I figli, in fondo, di quell’esistenza ne sono i testimoni, e quando si hanno occhi e cuore che sanno vedere nella vita delle loro madri le mancanze dei loro mariti, il dolore è devastante. Vorresti proteggerle dalle umiliazioni dei modelli sociali che misurano il valore delle persone con i loro consumi. Vorresti ricoprirle di doni come le regine, o farle fare quel viaggio che tutte le loro amiche fanno ma non loro perché non c’è lo si può permettere. Vorresti portarle sempre dalla parrucchiera e dall’estetista perché tutti possano vedere quanto sono belle sotto le offese della stanchezza e delle rinunce. Vorresti che tutto quello che fanno venisse riconosciuto e si sentissero amate. Vorresti che il mondo le applaudisse e le portasse in trionfo come fanno per i giocatori di calcio quando vincono i mondiali. Vorresti vestirle come principesse, vorresti vederle felici…
Ma tutti quei “vorresti” un bambino li può solo trasformare in gesti semplici, che rientrino nelle sue possibilità: non fare un capriccio o una richiesta che le possano mettere in difficoltà, riordinare la cameretta per alleviare le loro fatiche, andare bene a scuola ed essere tra i migliori per ammantarle di orgoglio, proteggerle col tuo corpo se offese dalla forza di un uomo.
Un inno alla femminilità, quello di Paola Cortellesi, dal sapore ancor più pieno visti i sempre attuali e frequenti atti di violenza sulle donne, drammi che dimostrano quanto sia vana la strategia repressiva della politica che senza interventi concreti come l’inserimento nelle scuole di una educazione affettiva risulta sterile demagogia, perché le trasformazioni culturali richiedono tempo, e mentre il tempo scorre altre donne muoiono.
Nel contempo un richiamo ai giovani perché veglino sulle cose che oggi danno per scontate, senza rendersi conto che quelle “ovvietà” sono in realtà conquiste pagate col dolore e la vita di chi ci ha preceduto.
Ma anche una speranza, perché un film in bianco e nero su tematiche così drammatiche, capace di portare nelle sale cinematografiche così tanti spettatori che al termine della proiezione salutano l’opera con un fragoroso applauso spontaneo, vuol dire che non tutto è perduto!
Voto: 9

Divagazioni sul tema:
Questo film, per la triste coincidenza della sua uscita con l’ennesimo femminicidio, ha amplificato emotivamente gli inevitabili dibattiti sul tema che stanno riempiendo in questi giorni i media.
Mi ha amareggiato l’ondata di stupidaggini che si è rovesciata su quelle famiglie, compresa quella dell’assassino; passino quelle delle persone “comuni”, ma i cosiddetti esperti?
Personalmente sono rimasto sbalordito dalla sovrabbondanza di superficialità ed ignoranza sull’argomento anche di alcuni popolari psicologi e psichiatri, spero che altri specialisti, magari non gettonati sui media, sappiano fare delle analisi più profonde, perché il problema dubito che si possa risolvere con l’inserimento nelle scuole dell’educazione affettiva: educazione affidata a chi? A quali figure professionali? Al solito professore sfigato e sottopagato? Certo, sarebbe comunque un inizio, meglio del nulla che abita le famiglie e i programmi scolastici, ma se questa educazione dovesse risolversi in citazioni poetiche del tipo La donna non si tocca nemmeno con un fiore, Le donne sono l’altra metà del cielo, o alte frasi che si trovano nei cioccolatini sarebbe l’ennesimo buco nell’acqua.
Penso che il dramma sia assai più complesso e si perda negli abissi del cervello, territorio della psicologia , delle neuroscienze, di stili di attaccamento, di ossitocina e altri ormoni. La miscela è talmente esplosiva da poter trasformare un uomo in kamikaze. Il concetto alto e poetico di “amore”, che sta riempiendo in questi giorni i mezzi di comunicazione, è il punto di arrivo di una evoluzione che può richiedere una vita intera, ma che durante il suo percorso di crescita ha a che fare con i condizionamenti mentali e la chimica; questa è la condizione umana che ci piaccia o no.
Fornire strumenti concreti significa dare agli uomini i mezzi psicologici e farmacologici che li aiutino ad affrontare e gestire un dolore che, nella loro percezione, è tanto insormontabile da sfociare in gesti estremi e distruttivi per entrambi i protagonisti. Ma veramente credete che con pene più aspre il Filippo di turno non avrebbe ucciso la Giulia di turno? Spero proprio di no; quel gesto drammatico non passa per la sfera razionale che valuta e teme le conseguenze, tanto che chi lo compie pensa normalmente di uccidersi, a quel punto quanto mai potrebbero valere per quell’uomo lo spauracchio di tutti gli anni di carcere del mondo? Si può fermare un Kamikaze?
No!
La cultura patriarcale, citata in tanti dibattiti come la causa di tali tragedie, mira al dominio della donna non alla sua soppressione; forse è soltanto una concausa, un tassello infinitesimale di un mosaico molto più complesso… qualcuno addita l’incapacità dei genitori a dire dei “no” ai figli che così non sviluppano anticorpi per sostenere una difficoltà, un rifiuto, una frustrazione, un fallimento, scontrandosi presto con una realtà ben diversa; anche l’età sempre più precoce nell’uso del sesso non aiuta. Come può un ragazzino avere in sé il controllo che nemmeno uomini adulti riescono a volte ad avere? L’energia sessuale è tra le energie più potenti che esistano tanto che anche le scuole spirituali la temono.
Tuttavia, tra gli interventi che ho letto, quello che a mio parere si avvicina di più al cuore del problema è quello di uno psichiatra che vede in quel gesto l’impossibilità di un uomo di concepire “la sua fuoriuscita dal desiderio della compagna” e magari immaginare (quella che per lui è ancora la donna oggetto del suo desiderio) desiderare un altro al posto suo; il dolore è talmente grande che, nell’inganno della mente, l’unica via d’uscita è la sua soppressione fisica, poiché neanche il suicidio lo libererebbe da quel dolore insopportabile nella prospettiva di una sua esistenza oltre la morte.
E allora?
Allora temo che sia una guerra persa, poiché non è una questione di “dominio” ma di “fragilità”.
Un uomo forte ed equilibrato riesce a trovare in sé le risorse per superare il trauma, un uomo fragile no. Quando si “crede” (e per il cervello è vero ciò che pensa essere vero) che la nostra vita, la nostra stessa possibilità di esistere poggi su quella donna, perché magari si è vittime di uno stile di attaccamento affettivo ansioso-preoccupato, si è insicuri o privi di autostima, si precipita in un abisso percepito senza uscita. Sarebbe necessario dare speranza a quell’uomo e dimostrare alla loro mente che quella disperazione è un inganno.
Possiamo evitare che al mondo ci siano persone fragili? Ovviamente no, è nella natura della vita. Tutto quello che si potrà fare sarà ridurre un po’ i numeri che alimentano queste tragiche statistiche, e ben venga, ma nulla più. Forse, attraverso l’educazione affettiva ed emotiva, potremmo dare a questi uomini gli strumenti per rendersi conto di questa fragilità e quindi chiedere aiuto prima che sia troppo tardi,
Ma in un paese con un Servizio Sanitario Nazionale che per una banale visita medica fa attendere un anno è possibile mettere in piedi una simile raffinata organizzazione che circondi d’amore e sostenga queste persone?

2 pensieri su “C’E’ ANCORA DOMANI

    1. admin19 Autore articolo

      Vitooo! 😃 Che bella sorpresa!

      Sapendo la stima che nutro per la tua sensibilità e preparazione puoi capire quanto mi faccia piacere questo tuo commento, grazie! E’ uno sprone per andare avanti a scrivere e cercare nelle pieghe di tutto quello che può offrirci la vita.

      Spero di averti ancora ospite sul blog 😉

      A presto

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